Questo è il primo capitolo (di quattro scritti fino ad ora) della mia fatica in corso. Lo lascio qui per avere un po' di pareri e di idee.
Avvertenze particolari: presenza di demoni sboccati, di gioventù bruciata e di nonne possedute.
1. Quando il Cretino chiuse l'Inferno
Erano le 8:00 di una domenica quando il Diavolo suonò il campanello della casa del Giovane Thomas.
La notte precedente, anche se sarebbe stato più corretto dire il mattino stesso, il Giovane Thomas aveva fatto le ore piccole con i suoi amici, Rastrello e Secco, intenti a bere birra da discount e giocare ai videogiochi.
A differenza di quello che si potrebbe pensare, il suono che fece il campanello sotto il pallido indice del Diavolo non fu simile in alcun modo a quello che avrebbero fatto lingue infernali che sferzano le schiene di milioni di anime, oppure a quello prodotto dai remi di un galeone fatto delle unghie dei morti.
Fece più o meno dlin dlon.
Il Giovane Thomas disse un paio di parolacce a mezza bocca e sperò che qualcuno andasse ad aprire al posto suo. Non ricordava mai quando i suoi lavoravano, non gli interessava, era giovane il Giovane Thomas e a quell'età sono davvero poche le cose che possono interessare. Si tirò la coperta fin sopra la testa e sperò che lo scocciatore se ne andasse.
Dlin dlon, fece ancora.
"E che cazzo..." sospirò il Giovane Thomas, alzandosi dal letto e scendendo le scale. Aprì la porta e la luce abbagliante del sole lo costrinse a chiudere gli occhi e a metter sul viso una smorfia terribile.
"Salve." fece il Diavolo.
"Ho motivo di pensare che Azrael sia in casa."
Dopo qualche secondo, il Giovane Thomas riuscì a mettere a fuoco la figura che lo aveva appena costretto a buttarsi giù dal letto di domenica mattina. Era un uomo, di età indefinibile. Poteva essere giovane come piuttosto vecchio, ma data l'assenza di barba o qualsiasi altro pelo facciale ad esclusione delle sopracciglia, convinse il Giovane Thomas a votare per 'giovane'. Tutti pensano che il Diavolo debba essere peloso, bestiale, ma in realtà è assolutamente glabro. Questo si spiega in quanto è un essere talmente arido, che solo i peli più coraggiosi (le sopracciglia, appunto e i capelli, che si tuffavano nel cranio come spilli neri) osano crescere. Lo sguardo del Giovane Thomas scorse verso il chiodo logoro che il visitatore indossava, balzò nuovamente su verso gli occhiali da sole che lo riparavano dal sole della Florida e poi nuovamente giù verso la grossa e pacchiana fibbia che chiudeva la cintura e diceva Hell's Bells!.
"Chi ha detto di essere?" chiese il Giovane Thomas, confuso dalla faccenda. Qualsiasi faccenda lo avrebbe confuso in quel momento e a maggior ragione lo stava facendo quella faccenda.
"Il Diavolo." ripetè il Diavolo.
"Ho motivo di pensare che Azrael sia in casa. Posso vederlo?"
Il Diavolo, pensò il Giovane Thomas.
"Certo, come no. E dove hai lasciato la coda, le corna e gli zoccoli?"
"Oh. Oooh! Capisco cosa intendi! No, vedi, l'iconografia culturale è enormemente sbagliata. E' della bellezza che si deve aver timore, non dei mostri. La seduzione rovina l'umanità, mio caro, non gli zoccoli della capre. Adesso posso vedere Azrael, per cortesia?" Ora che il Diavolo glielo aveva fatto notare, il Giovane Thomas constatò che era piuttosto bello. Appena formulato il pensiero lo cancellò dalla mente, perché il Giovane Thomas aveva quell'età dove anche se pensavi per un attimo che uno del tuo stesso sesso fosse in qualche modo attraente, dovevi far finta di niente.
"Ma sono le 8:00 di domenica mattina!" fu tutto ciò che il Giovane Thomas riuscì a dire al Diavolo.
"Insomma, posso vedere Azrael o no?"
"Chi cazzo sarebbe questo Azrael, poi?"
"Ah si, giusto. Domando scusa." Il Diavolo tirò fuori una piccola agenda dal taschino interno del chiodo e la scorse brevemente.
"Posso vedere Nonna Gertude? Non capisco perché alcuni di noi hanno questa fissa della possessione, si sta così bene fuori all'aria aperta. C'è da dire che Azrael è sempre stato un tipetto un po' agorafobico, quindi nessun mistero che si sia rintanato in una vecchietta, no? Hai presente il genere? Tutto cripte e noia, che se gli chiedevi di uscire il venerdì sera si inventava una scusa assurda."
"Capisco." concluse il Giovane Thomas confuso. Una mosca aveva preso a ronzare intorno alla conversazione.
"Toh, ecco! Parli del Diavolo!" fece il Diavolo sulla soglia, indicando qualcosa alle spalle del Giovane Thomas. Nonna Gertrude era comparsa dalla cucina, attirata dagli schiamazzi. Come tutte le nonne e non facevano eccezione le nonne possedute da un demone, era già in piedi da diverse ore.
"Che mi venga un doppio colpo!" fece Nonna Gertrude, con voce gracchiante. Si pulì le mani sul grembiule che sosteneva di appartenere a la miglior nonna d'America e andò incontro al Diavolo, spostando il Giovane Thomas.
"Nipote, non essere scortese, fai accomodare il nostro ospite."
"Ma nonna, dice di essere il Diavolo!"
"E tu credi a tutto quello che dicono gli estranei alla porta? Non ti ho cresciuto così! Tutta colpa delle idee che ti ficca in testa quel testardo di tuo padre, dico io! Metto su del tè?" l'ultima parte era rivolta al Diavolo, mentre il Giovane Thomas era stato cacciato, a testa china, nella sua stanza.
"Quanto tempo è passato?" chiese Nonna Gertrude una volta che lei e il Diavolo si furono accomodati attorno ad un piccolo tavolo coperto da una cerata sul quale erano posate due tazze ricolme di tè verde.
"Vent'anni, ormai." rispose mentre sorbiva il liquido.
"E guarda se non è proprio il Signore delle Mosche in persona a farmi visita."
"Con grandi notizie, caro Azrael, con grandi notizie!" Nonna Gertrude socchiuse gli occhi, guardinga. Negli anni aveva imparato a fidarsi di poche persone e il Diavolo non gli pareva un buon punto da dove riiniziare ad instaurare la sua fiducia nell'umanità.
"E' riaperto, Azrael. L'Inferno è riaperto dopo vent'anni!" Nonna Gertrude inarcò un sopracciglio.
"E come mai, Stella del Mattino?"
"Beh, era come avevo detto a quel Cretino, prima che lo chiudesse e ci cacciasse tutti sulla Terra senza poteri: serve dell'equilibrio. E con 'serve' intendo che è nella biologia del pianeta. Non può esistere Bene senza Male e se questo accade, come è successo negli ultimi vent'anni, le cose andranno sempre a peggiorare. Il Cretino se n'è accorto, alla fine e l'ha riaperto."
"Quindi possiamo tornare all'Inferno e riprendere i nostri poteri?"
"Esattamente."
"Ma che cazzo state dicendo?" il Giovane Thomas sbucò da dietro la porta della cucina dove si stava tenendo la conversazione.
"Non sono affari che ti riguardano, giovanotto." lo redarguì Azrael.
"Invece lo sono eccome!"
"E va bene..." fece Nonna Gertrude, sospirando.
"Negli ultimi vent'anni ho posseduto tua nonna, ragazzo. In pratica sei stato cresciuto da Azrael, uno dei demoni maggiori dell'Inferno. Ti ricordi tutte le partite a Uno?" Il Giovane Thomas annuì a bocca aperta.
"Ma se non avete poteri, come hai fatto a possedere Nonna Gertrude?" Azrael e il Diavolo si abbandonarono ad una risata sonora.
"Caro ragazzo, un caro ragazzo! Vedi, la possessione, le sparizioni con lo zolfo, qualche fiammella qua e là...questi sono trucchetti! I poteri veri sono altre cose!"
"Tipo?"
"Tipo riversare tutti i mali conosciuti sul mondo! Spaccare la Terra a metà e tenere a guinzaglio le armate di Cerberi dell'Inferno! Quelli si che sono fuochi d'artificio!" Il Diavolo intanto si era alzato e si avviava verso la porta. Con la mano sulla maniglia, si fermò a guardare Azrael che ancora sorrideva al Giovane Thomas.
"Allora, verrai con me?" chiese.
"Dove stiamo andando di preciso?"
"A Salem, nell'Oregon. E' lì che il portale si è aperto."
"Nell'Oregon? Ma non c'è niente nell'Oregon!"
"Immagino sia per questo che c'hanno messo il portale, allora. Dove non c'è niente è sempre meglio metterci qualcosa, prima o poi."
"E' un bel viaggio!" Azrael si fece pensieroso. Dopotutto non si trovava male lì, in quella bella casa e il ragazzo stava crescendo bene. Non gli sarebbe dispiaciuto vedere in quali altri guai si sarebbe cacciato.
"Andiamo, Azrael! Dove hai messo le tue quattrocento ali?"
"Nello sgabuzzino, per le domenica piovose." Il Diavolo aprì la porta e indicò un camioncino Volkswagen parcheggiato dall'altro lato della strada. Se il Giovane Thomas avesse dato un'occhiata a quello, non avrebbe avuto alcun dubbio di star parlando con il Diavolo in persona. Era di un colore per il quale non esisteva neanche un nome. Ricordava il marcio, la putrefazione e quella sensazione che si prova quando qualcosa si incastra sul palato e non ha nessuna intenzione di andarsene. Un faro anteriore era spaccato, mentre l'altro ammiccava, nonostante nessuno avesse azionato qualcosa. Su una delle fiancate, leggibile solo con un grande sforzo di fantasia, c'era la scritta Da Ruler.
"Allora? Che mi dici, Az? Saliamo sul Ruler, prendiamo un altro paio di ragazzi e torniamo dritti all'Inferno a riprenderci i nostri poteri!" Azrael aggrottò la fronte. Dopo qualche istante si udì come il rumore di una porta che si sbatteva e una figura alta il doppio della curvata Nonna Gertrude uscì dal suo corpo. I capelli biondi tirati indietro, il completo bianco e immacolato, il naso affilato, il mento granitico. Era Azrael.
"Dico che il guidatore sceglie la musica!" urlò mentre correva verso il Volkswager, inseguito dal Diavolo.
La porta si richiuse su un Giovane Thomas che stava iniziando a contemplare l'idea di non essersi mai svegliato. Chiuse la bocca che era rimasta intorpidita dallo stupore della scena e iniziò a pensare, il che gli richiese uno sforzo nuovo.
Ci poteva stare.
Alla fine Nonna Gertrude, in quei sedici anni che l'aveva conosciuta, era sempre stata un po' strana. Sempre a contestare. Un po' demoniaca forse lo era davvero. Il Giovane Thomas si voltò ad osservare la sua ritrovata dolce (e vera) Nonna Gertrude, che si puliva gli occhiali per la prima volta in pieno possesso dei suoi arti da vent'anni a questa parte. Se li sistemò sul naso e contemplò con aria attenta il ragazzo.
"Cavolo, come sei ciccione! Vieni qua e fai un bel massaggio ai piedi a tua nonna! Vent'anni con quello stronzo e ho il cipollone che mi fa vedere le stelle! E lui parla d'Inferno!"
Dopotutto, pensò il Giovane Thomas, Azrael non era stato una cattiva nonna.
Il Cretino, come spesso accade, era un angelo. Aveva un nome, ma tutti avevano imparato a conoscerlo come il Cretino, compresi i suoi colleghi del Paradiso.
Alle porte del XXI° Secolo, la battaglia tra Bene e Male si era un po' affievolita. Questo era accaduto un po' per noia, un po' perché, nonostante fossero incredibilmente ottusi, angeli e demoni si erano accorti che potevano vivere in armonia, senza pestarsi i piedi l'un l'altro. Certo, nessuna delle due fazioni doveva tirar troppo la corda, ma la cosa poteva funzionare.
Il Cretino non la pensava allo stesso modo. Nonostante la tregua, i demoni continuavano a infastidire gli angeli. Li bullizzavano. Dopotutto loro erano quelli fichi, no? Prima che qualcuno potesse spiegar loro che fare i bulli non era affatto 'fico', il Cretino aveva perso definitivamente le staffe ed era andato a parlare col Grande Capo della sua intenzione di chiudere l'Inferno una volta per tutte e spedire i demoni sulla Terra, dove i loro poteri, con l'Inferno chiuso a tempo indeterminato, si sarebbero limitati ad un abile gioco delle tre carte e poco più. Il Grande Capo scosse il grande capo. Non era mai consigliato cambiare l'equilibrio di cose fragili, meno che mai quello così pericoloso che c'era tra i due regni. Il Cretino, che esattamente in quel momento si guadagnò il soprannome, se ne infischiò e decise di procedere ugualmente. Sareste sorpresi di sapere quanto è facile per un angelo chiudere i demoni fuori dall'Inferno, considerando che il sabato sera escono quasi tutti.
Adesso però, dopo vent'anni, era stato costretto a riaprire i cancelli ai bulli, perché la situazione era diventata insostenibile e il Grande Capo aveva minacciato di gettare lui sulla Terra. Inoltre, dopo tutto il casino, gli altri angeli avevano cominciato a bullizzarlo a loro volta.
Se non altro, sperava, sarebbe passato ancora qualche mese prima che tutti gli stronzi fossero tornati a casa.
Peggy Sue lavorava come cassiera ad una pompa di benzina a Huntsville, Alabama, da tre anni. Prima di quel lavoro, aveva fatto la modella di intimo, l'attrice di soap opere sudamericane e la mantenuta, ma nessuno di queste mansioni era durata. Era incredibilmente schizzinosa, quando si parlava di lavori. Eppure, da tre anni a quella parte, non era riuscita ad abbandonare la cassa. Ogni sera si alzava dalla sedia stufa marcia e anche un po' incazzata con il mondo, pronta a mollare tutto il giorno seguente; ma quando la mattina arrivava, scendeva dalla sua piccola utilitaria e andava dritta verso Mr Crook, il direttore, posava sempre e inevitabilmente lo sguardo su Belphy, il ragazzo della pompa numero 6. E quando lo faceva, la rabbia nel suo cuore taceva e una vocina le diceva che tutto sarebbe andato per il meglio, in qualche modo.
Belphy aveva...
"...i capelli a spazzola neri come corvi, lo sguardo di chi ha visto più cose di quante se ne potrebbe credere...alto più o meno così...insomma, sono nel posto giusto?" Il tipo con il giubbotto di pelle era entrato a passo sicuro e si era diretto verso la cassa dove Peggy Sue scoppiava ritmicamente un palloncino di gomma da masticare e gli aveva detto che cercava un certo Belfagor. Dalla descrizione, Peggy Sue riconobbe subito Belphy.
"Cos'è lei, uno sbirro?"
"Meno che mai, signorina."
"Non conosco nessun Belfagor, comunque..." Il Diavolo sfogliò la sua agendina, recuperata dalle profondità della giacca.
"Eppure dovrebbe essere tutto giusto. Secondo i miei appunti si trova a Huntsville, Alabama. Siamo ad Huntsville, Alabama?"
"Si."
"E non c'è nessun Belfagor che lavora alla pompa numero 6?"
"No."
"Ne è sicura? Sicura sicura?"
"Si."
"Un vero peccato." sospirò il Diavolo.
Intanto, alla pompa numero 6, Belfagor aveva adocchiato un orribile furgoncino con scritto Da Ruler sulla fiancata.
"Posso aiutarla in qualche modo, signore?" chiese, una volta che si fu affacciato al finestrino abbassato. Si ritrovò a guardare negli occhi azzurri di Azrael. Belfagor tirò su col naso. Il Diavolo sbucò alle spalle di Belfagor proprio in quel momento, con una barretta di Kit Kat in una mano e una Coca Light nell'altra.
"Andando infinite anime di quelli miseri mortali che nella disgrazia di Dio morivano all'Inferno, tutte o la maggior parte si dolevano non per altro che per aver preso moglie essersi a tanta infelicità condotte." Belfagor si voltò.
"Non riconosco la canzone, signore. Posso fare qualcosa per voi? Il pieno? Un cambio di olio?"
"Puoi saltare sul Ruler e venire con noi, Belfagor." rispose il Diavolo.
"Accettiamo anche carta di credito, signori."
"L'Inferno si è riaperto, Belfagor." Questo ottenne una pausa di qualche secondo.
"La convergenza è a posto?"
"Possiamo tornare a casa."
Belfagor alzò gli occhi al cielo e sbuffò forte.
"E che cazzo, ragazzi! C'ho messo anni ad abituarmi al cibo del McDonald's! Non potete sbucare qui di punto in bianco, dirmi che i cancelli sono stati riaperti e pretendere che molli tutto di punto in bianco! La gente potrebbe aver bisogno di fare benzina!"
"Sono sicuro che sopravviveranno." rispose Azrael, dopo aver bevuto un sorso della Coca che il Diavolo gli aveva passato.
"E dove è che dovremmo andare?"
"In Oregon." Belfagor si tolse il berretto da baseball con la scritta Swag dalla testa e osservò il furgoncino. Si asciugò la fronte. Faceva un caldo insopportabile.
"Con questo?" si allungò verso il veicolo e dette una bella annusata.
Puzzava di piscio.
Anzi no.
Puzzava dell'odore che avrebbe avuto il piscio se si fosse riusciti a friggerlo nel latte scaduto e servito in un vasca ricolma di pesce andato a male.
"Certo, con questo. Non mi ha mai lasciato a piedi in vent'anni, Belfagor caro." Il demone storse la bocca, pensieroso. Non gli dispiaceva quel lavoro e la biondina della cassa gli lanciava ogni mattina certe occhiatine che potevano sicuramente diventare qualcosa di più.
"In Oregon." ripetè, più a se stesso che ad altri.
"A Salem, per l'esattezza. Ci aspetta un lungo viaggio in strada, ce la spasseremo!" Il Diavolo mostrò una perfetta fila di zanne appuntite che doveva essere una specie di sorriso.
"E sia." si arrese Belfagor.
"Se non altro lo stipendio l'ho preso ieri...Mr Crook!" fece Belfagor attirando l'attenzione del direttore con la mano. Mr Crook lo guardò dalla finestra della sua scatola di intonaco, intento a giocare a poker online. Ricambiò il saluto. Gli piaceva quel ragazzo. Mai in ritardo, sempre gentile e disponibile con tutti. Era lì da un po' di anni, ma sembrava non aver preso neanche un giorno. Instancabile, entusiasta e stakanovista. Realizzò per la prima volta che poteva dichiarare senza troppe incertezze che fosse il suo miglior dipendente in assoluto. Forse il migliore che avesse mai avuto. Ne era fiero oltre ogni dire.
"Mi licenzio, Mr Crook!"
Quello stronzo maledetto, pensò Mr. Crook.
Capitolo 2. Si deve portare rispetto al Re
Capitolo 3. Non è carino girare in mutande
Capitolo 4. Dopotutto la Bibbia non dice niente sulle armi da fuoco
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